Scrivere, parlare, comunicare…
Scrivere, parlare, comunicare … Non avendo buona memoria, ho sempre avuto la voglia di lasciare qualche mio pensiero su carta.
Ho cominciato però a scrivere con regolarità solo da quando mi sono convinto che è molto più difficile parlare, o meglio, riuscire a comunicare esattamente ciò che si pensa, senza inevitabili incomprensioni.
In effetti, sulla difficoltà di comunicare efficacemente si potrebbero scrivere dei libri e, anzi, probabilmente esiste già una ricca bibliografia in merito, ad opera di esperti e fini conoscitori della materia.
Può sembrare una banalità, ma per esserci un’effettiva comunicazione sarebbe gradita la presenza di almeno due soggetti che si alternano nel parlare ed ascoltare. Peccato che questa ovvia condizione difficilmente si verifica durante una discussione, o quantomeno non per tutto il tempo.
Fateci caso, non appena iniziate a parlare, il vostro interlocutore di turno inizia a distrarsi o, peggio, scollega letteralmente le orecchie alla prima occasione in cui può dimostrare, interrompendovi, che quello che state dicendo è sbagliato, rendendosi quindi necessario un parere più autorevole. Ovviamente il suo.
Da una persona che, di proposito o per abitudine, non aspetta che un pensiero venga espresso attraverso una frase di senso compiuto, è ragionevole pensare quindi che non abbia rispetto delle opinioni altrui o, peggio, che sia fornita di un’abbondante quantità di ego da mettere in mostra ad ogni occasione, a scapito di chiunque gli capiti a tiro.
Ora non so voi, ma io odio essere interrotto senza aver finito di esprimere un concetto o completare un ragionamento. Quali sono le possibili soluzioni?
La prima è senza dubbio quella di dotarsi di tanta pazienza e provare comunque a completare le proprie riflessioni tra un’interruzione e l’altra.
La seconda, è di diventare violenti. Naturalmente oltre la classica accezione del termine e l’ironia del caso, la violenza si può manifestare stroncando sul nascere le interruzioni, alzando il tono della voce e rischiando magari di farlo con troppa veemenza, passando per arroganti. Senza contare che per le persone abituate a discutere con pacatezza, adottare questo tipo d’atteggiamento diventa esso stesso una violenza ancor prima verso sé stessi.
Oppure, ci sarebbe la mia alternativa: scrivere.
Potrei addurre delle buoni motivazioni: non c’è il rischio di essere continuamente interrotti, la lettura avviene solo se richiesta, lo scritto viene generalmente ponderato di più dal lettore e come ciliegina aggiungerei pure la classica locuzione latina: verba volant, scripta manent…
Ma, invero, ci sono anche delle precise responsabilità: la scrittura dovrebbe invitare a scegliere con cura le parole più appropriate. E da quanto si vede in giro, soprattutto sui social, non sempre viene ponderato questo suggerimento.
Otil Farg
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